Bibliofilia

Bibliofilia

I libri non si suggeriscono, vengono da soli a bussare alla porta.
Io ne ho una fila lunghissima in impaziente attesa. All’inizio entravano uno alla volta, da tempo, però, hanno creato un varco grande e si sono piazzati a migliaia in ogni angolo della casa. Appena incrociano il mio sguardo – e io, ormai, quando sono preso da occupazioni più serie, faccio come certi camerieri negli slow food, cammino per le stanze con gli occhi chiusi – mi supplicano di prenderli in mano, di sfogliarne almeno le prime pagine. I libri hanno bisogno di essere coccolati, non si accontentano di un posto al caldo nella seconda fila di una vecchia libreria dell’Ikea. Sopportano meno della Billy i traslochi perché sanno che finiranno stipati nei cartoni per chissà quanto, prima di rispuntare con la copertina strappata o la muffa, pronti solo per la raccolta della carta.
Il supplizio più grande lo condivido con loro ogni anno, immancabilmente all’inizio delle vacanze estive, quando si tratta di sceglierne 4 o 5 da mettere in valigia. Alcuni s’impongono da soli, gli ultimissimi arrivati, in primo piano sul comodino. Tra gli altri è una lotta sui ripiani ricolmi, scartati quelli pieni di polvere, ne prendo a manciate e li stendo sul letto. Me li guardo e li rigiro tutti sulla quarta di copertina, pochi li sfoglio. Sono i titoli a imporsi, non certo il formato tascabile; i più si limiteranno a cambiare aria con me, tutti assolveranno al compito essenziale di tenermi con i piedi ben piantati sulla terra, come un mulo preso da troppi rimorsi di coscienza. Anche quest’anno 18 libri in due trance, di 10 e 8. Almeno due tra questi erano rimasti sepolti disciplinatissimi nell’ultimo ripiano in alto dello studio da tre o quattro anni, in ossequioso silenzio. Immagino adesso, appena li aprirò, quante cose avranno da dirmi.

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Ho smesso di cercare i libri, di rincorrerli affannosamente nelle librerie, inciampando sempre nei titoli sbagliati, abbandonati al loro destino in ogni angolo della casa. Di notte soprattutto, quando, dopo il primo breve sonno, mi svegliavo di soprassalto – e questo succede anche adesso ma per ben meno nobili motivi- col pensiero di quel preciso volume, da anni dimenticato e magari ancora avvolto nel cellofan, diventato improvvisamente essenziale, mi struggevo. Giravo quatto quatto come un ladro in casa mia, cercando di non svegliare gli altri e, con una piccola torcia, più avanti sostituita dalla luce dell’iPhone, li passavo in rassegna uno a uno, da un piano all’altro, dalla fila davanti a quella dietro, senza requie.
Ho smesso anche di tenermeli troppo stretti addosso. Mi piace essere ospitato in casa d’altri -anche perché mi capita di rado e ogni volta è una festa- e lasciare qualche copia qua e là.
Li presto volentieri, con la consapevolezza che ben difficilmente torneranno.
Così mi capita ormai sempre più spesso di ricomprarli. Non mi sorprende più, una volta tornato a casa, scartato il libro e ripostolo sulla pila a fianco del letto, trovare quasi immancabilmente la copia perduta in bella vista che mi ammicca sorniona.

Estate 2015

 

(testi confluiti in “Litanie del silenzio”, Ladolfi Editore 2021

 

 

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8 thoughts on “Bibliofilia
  1. Credo che ognuno rispondendo a queste domande del tutto aperte vada a dire quel che più possa fare effetto, ora che il libro non lo compra più nessuno se son per una gara, invidia, rispetto dottorale, utile o invidia; chi lo usa per catturare clienti o editori, lo legge distratto e senza capire.
    Io lo guardo per lo più da quando fresco in liberia si appoggia poi, via a casa, montagna mare per poco. Mia moglie li legge bene, li vuole tenere, ma per me debbono andare a popolare una libreria che sia solo un segno di libertà: averli, sceglierli, leggerli per così dire dentro, senza tormento, farli commentare, sedersi a bere un calice di vino nelle biblioteche: nel mio Studio di Torino ho una sala apposita per conferenze (a parte quella o quelle giuridiche). Non è vero che non si capisce, editore, presentazione, precedenti e valore, poche righe. Qualità sorge sicura, come il verso, il racconto: scrivere è da pochi, magari dura poco, meglio da non professionisti. Catturi milioni di ideee. Ecco, gli affronto con lo spirito di imparare, ma dello scrittore, non con timore. Ma questo solo prima di essere folgorato senza prevederlo, che spesso succede. Allora sì, la genialità supra tutto, traversa gli anni, vive mei decenni, resta perenne: una amore di Tobino o Buzzati o Moravia , la brace dei Biassoli, le stelle fredde di Piovene. E tanto ancora, anche di allora. Il classico Juke Box di G. , On The Road, i libri di Barthese o Marcuse o Groddeck, Reich, I Quattro Quartetti. Così quasi all’infinito: la montagna incantata, il Dedalus. Holden. Poi veniamo noi. Per i libri, amati trovati donati o salvati, ho affetto di riordo, mio nonno sacri, mio padre savi, donati a me da cari, o conquistati e sudati: sono parte di me, che nessun ricorderà e ora molti stanno nella casa di campagna (www.soulshouse.it) , a disposizione, decine di migliaia: chi può scegliere ha la libertà e tutto sta nella libertà che vivi anche se dimentichi. Aver letto e avere, essere di più, anche se non ricordi espressamente ma sta sospeso tutto, non nell’ “es” a mio avviso, ma in uno stato di conoscenza consapevole, che all’occorrenza salta fuori, un profumo o anche solo sapere che si fa, che non si fa, che lo hai letto, che è nuovo. Allora, nella sua carnalità ,il libro è vivo davvero, presente, porta fiori e ricordi e costituisce la stabile ossatura del tempo esteriore in cui vivi attraversandolosostenuto dalle vite che hai accanto e dal patrimonio senza fine che continua a darti. Ne apro migliaia, poi li finirò. Per me la gioia di aprirne uno novo, o trovato anche col sentore di muffa, vederne copie varie, aprire un mondo come una finestra su un bosco fresco. Lasciarlo lì a rassicurar eche ci sarà sempre un domani. Riaprirlo negli anni fra gli eserciti lasciati in pla o in fila col segno, la virgola, la carta, il segnalibro o un traccia. Per ricordare ci sono, estendere e dilatare il tempo, vederli macchiat di una goccia di pioggia, un acaduta, un prestito graffiante, un dolore, una morte che mi frastorna se lo associo a quel tempo. Libri in libertà verso un ponte senza fine, che non leggerai, mai parlando saviamente: ,a essi sono, i binari, se li riprendi e non ricordi, ma ma non trovi la trama come nella vita. Vai avanti, se non ricordi il perchè, cosa prima era accaduto. Il fascino di andare, come il caso che ci fa tornare. Li trovi sempre giusti al punto giusto delle case, vorresti rubarli se non son tuoi (ma quasi mai lo fai: ignoto li doni o li scambi )se cambian, ma meglio no. Se li trovi trovi anche quella nascosta ragione che li ha fatti lì: e perchè in quel tempo lì, senza fine.

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