Pensieri sulla poesia/ Le parole della poesia

Non abbiamo bisogno di testimoniare grandi assenze, a volte basta la nostra piccola e impareggiabile perdita dell’io.
Gli psichiatri troveranno subito la cornice più opportuna a garantire una diagnosi rassicurante per il mondo circostante.
I poeti, che in città si muovono ancora in tram, continueranno a prendere appunti e scenderanno probabilmente alla fermata sbagliata.
Se saranno fortunati, torneranno a casa a piedi, declamando tra sé e sé i loro nuovi versi.

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Le parole della poesia non dovrebbero mai essere troppo ospitali
lasciare la porta aperta, questo sì, ma non la tavola imbandita,
accogliere qualche domanda ma non rispondere a tutte.


Le parole della poesia

Le parole della poesia abitano il corpo, non stanno mai troppo a lungo sulla pagina; scendono in strada fulminee. Bighellonando un po’, sembrano passare di soglia in soglia e già si trovano oltre confine. Fanno orecchie da mercante e hanno occhi fragili che temono la luce. Prediligono il crepuscolo quando, silenziose e furtive come gatti, catturano le immagini. Mettendole a fuoco, si sgranano, per tornare a farsi carne nella ruga di un volto sconosciuto.
Così a me capita da quando ero piccolo. Ricordo la sorpresa, le parole che cambiano traccia. Giocavo a macchinine lungo il muretto nel giardino innevato di fresco. Un’immagine nitida, precisa, l’abbraccio di mio padre, scomparso da poco all’inizio dell’inverno più rigido della mia vita.
Non è più spesso il ricordo, non si taglia a fette come la nebbia, piuttosto squarcia la forma di un luogo ancora provvisorio.
I tempi della scuola, le cose da sapere bene prima di parlare, lasciano esangui le parole e riempiono di silenzio le stanze di casa.
E la poesia resta per anni rintanata nel bosco, intenta a forgiare strumenti di incondizionata resa.
La prima frase è sempre la più difficile, dicono alcuni, e questo è vero nelle interrogazioni e nei temi ma, nel verso che si professa libero, è quasi sempre l’ultima parola a non farsi trovare.
Si avvicina alla sosta del cuore, pianta la sua tenda in ogni dove, incurante del tempo e di quello che c’è.  La poesia non chiede ospitalità, la offre da sé.
Anche quando sembra arrivare da lontano, smarrita e confusa, scalza e affamata, è lei che nutre e lava, mette le toppe al mondo, cuce le ferite e risana.

(Giancarlo Stoccoro, Il negozio degli affetti, Gattomerlino/Superstripes, Roma 2014)

 

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