Tre poesie inedite di Andrea Tavernati

CANTO DEL TU E DELL’IO

Sui volti l’occhio

coglie schegge luminose,

ma tutto subito il buio risucchia

e tu resti l’unica costante.

Ti colgo dentro ritratti

che subito ti negano, come le foto

in cui appari e scompari.

Mi ara profondi sgomenti

il mio ostinato persistere soggetto

d’un rutilante qui e ora di segni,

mentre tu ti offri nel riflesso dentro la corrente.

Non so la tua morte e la sua ora, fratello.

Forse morto sono io, confondo il dritto col rovescio.

Mi stai nel portafoglio come un santino

da giocare al posto del jolly

nelle mani meno fortunate,

contando sulla tua arte di prendere

il posto d’un altro per farne meglio la parte.

M’illudo possa tu liberarmi

dal dovere di pesare l’anima

sulla bilancia d’angelo,

fosse magari più grave

d’una povera piuma

e un giro di illusioni ancora mi toccasse

dentro questo debole corpo:

solo un estenuato strascicare

sugli sfondi della vita.

***

CANTO DEI PONTI

Crollano i ponti

tra levante e ponente.

Mando barchette di carta

con faccine sorridenti.

Indietro ritornano frammenti:

bambole di pezza senza un braccio,

o la testa.

Strane macchie di nafta

in forme grottesche.

Documenti colorati, ma sbiaditi.

Orologi rotti, fermati

su ore lontane di chissà quali giorni perduti.

Talvolta buste di plastica ben chiuse

con dentro un foglio

con una bella scrittura tutta curve e parabole,

quasi un tappeto ricamato.

Magari chiedi al profondo

la soluzione degli enigmi.

Chiedi se vita per vita vuole il sacro bagno

prima che faccia il suo lavoro

lo strato permeabile del cuore,

e del male che hai patito

del male del tempo

nulla resti, nemmeno un momento

nella dimenticanza.

 

Forse tutto questo chiedi con la tua bella scrittura tutta curve e parabole,

quasi un tappeto ricamato…

Ma io…non la capisco.

***

CONGEDO

Addio,

a domani.

Non qui.

Brilla una frattura sulla conchiglia,

voci di mare più non sussurra

ma feroci trappole tende:

-“pericolosissime!” dice il cartello -.

È un saldo di coscienza

su cui il dito passa e ripassa

come una dimenticanza.

Tornando a ieri ci troveremo.

Contaci.

Per ripercorrerti non basta

il ciglio perduto

sul palmo della mano.

Accostando all’orecchio il nautilo

tra le frequenze disturbate

il timbro di luce ritrovo.

 

Andrea Tavernati è nato a Pavia nel 1960.
Laureato in lettere e diplomato in archivistica, ha lavorato nella scuola pubblica e poi come creativo pubblicitario.
Cosa che fa tuttora.
E’ sposato e ha due figlie.
Malato di scrittura fin dall’adolescenza, a 16 anni ha cominciato a scrivere un romanzo fiume.
Quando, quattro anni dopo, l’ha concluso e riletto, ha deciso di sotterrarlo in giardino.
Ma il vizio è rimasto.
Nel tempo ha scritto poesie, racconti, altri progetti di romanzo.
Ogni tanto si sfoga in una rivista o sui poveri giurati di qualche concorso.
Qualcuno, sorprendentemente,  l’ha anche vinto.

Tra i libri pubblicati occorre qui segnalare le sillogi  “L’intima essenza. La via degli Haiku” (EEE, 2013) “Tamburo” ( Gattomerlino/Superstripes 2015), il romanzo “Per sole o per ombra” (Porto Seguro, 2021) e la curatela delle antologie annuali dei Poeti del Festival Europa in Versi (I quaderni del Bardo, 2018 e 2019)

 

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